INFERMIERI MILITARI. Obbligo di iscrizione all’Albo.
La FNOPI ha chiarito l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Ordine degli Infermieri militari

Bene ha fatto la Presidente della FNOPI Barbara Mangiacavalli a chiarire, laddove ce ne fosse stato ancora bisogno, alla Ministra della Difesa Elisabetta Trenta, al Ministro degli Interni Matteo Salvini, al Ministro della Salute Giulia Grillo, al Ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria e al responsabile del Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dr. Ermanno de Francisco, l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Ordine professionale da parte degli Infermieri militari e di Polizia dipendenti dei Dicasteri da loro diretti.
Con una lettera ai MINISTERI interessati del 8 luglio 2019 rispetto alle ISCRIZIONI degli INFERMIERI MILITARI, il FNOPI é giustamente intervenuta in qualità di Ente pubblico sussidiario dello Stato italiano a cui il Parlamento ha ritenuto, dopo anni di confronti e discussioni, di assegnare ben definite competenze al fine di tutelate il cittadino/utente militare e civile e salvaguardare la professionalità degli Infermieri.
A questo punto si spera che l’annosa questione iscrizione a carico dei professionisti / iscrizione a carico dell’Amministrazione di appartenenza trovi finalmente una via di uscita. A tale stallo si era arrivati dopo tante, troppe prese di posizione da parte degli Organi di rappresentanza, dei Vertice militari e di rappresentanti politici, fino ad arrivare alla storia dei nostri giorni con l’interessamento della Presidenza del Consiglio che, attraverso il proprio Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi, è stata chiamata a studiare il problema per cercare di sbrogliare la matassa.
I motivi per cui si è arrivati alla querelle dei giorni nostri sono ben noti: non vi è mai stata una chiara indicazione per gli Infermieri militari di ottemperare hic et nunc all’iscrizione, tanto da dare la sensazione di avallare e implicitamente giustificare la mancata iscrizione da parte di quegli Infermieri (oramai uno sparuto numero) che ancora non l’ha fatto.
L’intervento della FNOPI è giunta dopo le numerose richieste agli OPI provinciali fatte a gran voce dai tantissimi Infermieri militari da sempre iscritti al Collegio IPASVI prima e all’Ordine poi; essi ritengono fondamentale che la FNOPI si sieda al tavolo tecnico istituito presso il Consiglio dei Ministri onde evitare decisioni frettolose da parte di partecipanti alla discussione poco avvezzi ad argomentazioni inerenti l’infermieristica e l’etica professionale.
Nella missiva indirizzata ai Dicasteri competenti, la Presidente Mangiacavalli ha escluso la possibilità di isolare gli Infermieri solo nell’ambito delle Forze Armate in un momento storico per l’Esercito, la Marina e l’Aereonautica militare particolarmente incentrato sul loro duplice uso sistemico sul territorio nazionale e la crescente interazione della Sanità militare con il Servizio Sanitario Nazionale.
I n Patria gli Infermieri delle FF. AA., oltre alle attività di assistenza a favore del personale militare e dei civili che afferiscono agli ospedali militari, contribuiscono ad assolvere ai compiti della “quarta missione” (le prime tre missioni riguardano la difesa dello Stato, degli spazi europei ed atlantici e il contributo alla pace internazionale) nel momento in cui “le Forze Armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza” (art.89 Codice Ordinamento Militare). Con la loro quotidiana relazione e interconnessione con la sanità civile acquisiscono le attitudini necessarie per sviluppare le capacità resilienti utili a far fronte in modo multi dimensionale ai disastri, alle emergenze e alle crisi su larga scala sul territorio nazionale e nelle Missioni internazionali.
Anche la NATO (North Atlantic Treaty Organization), secondo la quale lo scopo del supporto sanitario militare per le operazioni è quello di garantire servizi tempestivi ed efficaci per ottenere risultati di assistenza equivalente alla best practice medica, nel ribadire l’importanza della resilienza come risposta sistemica, ha obbligato i Paesi che ne fanno parte ad abbracciare una politica volta ad assicurare all’estero livelli di cura paragonabili a quelli erogati in Patria, come osservato nella dottrina “Principi e politiche di supporto medico” (MC 326-3 e AJP 4.10) già ratificata dalla Difesa, dalla quale sono stati tratti gli elementi di interesse per la definizione della corrispondente dottrina nazionale interforze.
In un Paese di diritto non si può agire con provvedimenti regolamentari e/o transitori rispetto a una legge, né con pericolose deroghe che creerebbero un presupposto ad altri possibili aggiramenti di norme dello Stato. Il rischio che non bisogna correre e di cercare soluzioni controproducenti come ad esempio creare albi speciali per giustificare il pagamento dell’iscrizione da parte dell’Amministrazione che possano dimostrarsi sin da subito dannose per i pazienti ed i professionisti e soprattutto non rispondere alle caratteristiche che il Paese e la NATO hanno stabilito.
La reale e definitiva soluzione del problema dell’infermieristica militare, già chiesta e sollecitata più volte anche dalla Federazione, può passare solo attraverso il riconoscimento del ruolo direttivo di questi professionisti come previsto per i colleghi in ambito civile e per i colleghi militari degli altri Paesi dell’Alleanza. Il momento è quello giusto, gli Infermieri con le stellette condividono con la Presidente del loro Ordine il fatto che i tempi sono maturi per presentare “una specifica norma che preveda un diverso inquadramento e una nuova declinazione dei ruoli e delle funzioni degli Infermieri militari … che potrebbe essere emanata nell’ambito degli annunciati decreti legislativi correttivi del riordino delle carriere già varato nel 2017”.
Antonio Gentile