CON LA SPENDING REVIEW RISPARMI ANCHE TU, CARO MINISTRO PENSACI SU
Potrebbe sembrare uno slogan, ma la proposta che qui portiamo avanti è una piccola “spending review” che ci farebbe risparmiare più di 50 milioni annui. Si tratta di ragionamenti già fatti ma sempre validi, non passano di moda. Fino ad oggi tutti i Ministri della Difesa con relative maggioranze di Governo hanno lasciato correre, piuttosto hanno preferito bloccare il Contratto, fare dei tagli lineari, procrastinare il Riordino delle Carriere, non attivare i Fondi Pensione, evitare di ammodernare i mezzi e corsi di formazione, anziché toccare i Tribunali militari, i Cappellani militari, le Rappresentanze militari. Queste tre potenti “lobby”, sembrano tre sorelle con diverse competenze ma utilmente incardinate nella stessa famiglia. Si tratta di una giustizia fatta in casa, una religione fatta in casa e di riflesso dei rappresentanti del popolo. Nessuna congruenza con il resto d’Europa, per non dire del mondo, nessuna ragione pratica per il mantenimento di queste strutture. Orpelli di un mondo passato tenuti insieme da chi non vuol mollare le proprie prerogative e privilegi.
TRE TAGLI POSSIBILI:
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TRIBUNALI MILITARI
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CAPPELLANI MILITARI
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RAPPRESENTANZA MILITARE
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d’iniziativa dei deputati…………omissis
Presentata l’8 ottobre 2014
La presente proposta di legge costituzionale intende eliminare i tribunali militari attraverso l’abrogazione del terzo comma dell’articolo 103 della Costituzione e istituire presso ogni organo giudiziario ordinario – con una modifica all’articolo 102 della Costituzione – una sezione specializzata per i reati militari.
Sul punto è utile osservare come negli ultimi anni, con il superamento del servizio di leva obbligatorio, le Forze armate abbiano acquisito un livello di professionalità tale da ridurre notevolmente il numero di illeciti tipici del rapporto tra Stato e cittadino chiamato alle armi, con una conseguente diminuzione anche di processi penali militari. Per questo motivo il Legislatore, già con l’articolo 2, commi da 603 a 611, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (successivamente abrogati dal codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), aveva ridefinito la «geografia» dei tribunali militari mantenendo le sole sedi di Verona, Roma e Napoli e riducendo il numero dei componenti del Consiglio della magistratura militare. Nonostante queste drastiche misure il costo dei tre tribunali militari risulta antieconomico e sproporzionato rispetto al carico di lavoro esistente soprattutto se si tiene conto delle numerose sentenze della Corte costituzionale che, di fatto, hanno sottratto alla giurisdizione militare molte materie oggi attribuite alla competenza della magistratura ordinaria.
In questo periodo di spending review – applicata ormai a tutti i settori della pubblica amministrazione – il nostro Stato non può più permettersi di mantenere una giurisdizione autonoma per soli 300.000 militari italiani: occorre destinare le risorse e le unità lavorative, attualmente impiegate nei tribunali militari, agli uffici giudiziari ordinari – sempre più in sofferenza a causa dell’ingente carico di lavoro e della cronica carenza di personale – e ridistribuire il personale per un più veloce smaltimento dell’arretrato giudiziario.
Si aggiunga, inoltre, che il nostro è uno dei pochi Stati dell’Unione europea che ancora conserva una distinzione tra magistratura ordinaria e magistratura militare e che le modifiche proposte porrebbero il nostro Paese in linea con la tendenza, ormai sempre più diffusa, all’unicità della giurisdizione.
Per quanto concerne, infine, i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, l’articolo 3, con una norma transitoria, delega il Governo a disciplinare, entro tre mesi, le modalità di attuazione di quanto previsto dagli articoli 1 e 2, e a definire il nuovo inquadramento dei magistrati militari senza pregiudicare eventuali importanti indagini o processi non ancora conclusi, in particolare con riferimento a gravissimi reati come quello di strage.
Ma summenzionata proposta ….CHE FINE HA FATTO?
TANTI MILIONI DI EURO PER POCHI MIGLIAIA DI REATI CHE POTREBBERO ESSERE TRATTATI DA GLI STESSI GIUDICI PRESSO TRIBUNALI ORDINARI
Numeri e costi tratti da apertura anno giudiziario 2019. Numero di reati militari commessi da 1641 nel 2017 a 1722 nel 2018;
- le fattispecie di reato militare maggiormente ricorrenti sono costituite dal complesso dei reati contro il servizio e la disciplina militare (in leggero aumento rispetto al 2017: vale a dire 1106 rispetto a 1039), cui fanno seguito i reati contro il patrimonio o l’amministrazione militare (421);
- infine il numero di militari sottoposti ad indagine: 1563 rispetto ai 1432 del 2017. L’analisi dei soggetti suddivisi per Forza Armata rispecchia evidentemente la consistenza delle varie Forze Armate, dato che – al 31.12.2018 – i Carabinieri hanno una consistenza di 104.780, l’Esercito di 96.144, la Marina di 39.700, l’Aeronautica di 40.611 e la Guardia di Finanza di circa 60.000 unità.
Secondo taglio Cappellani militari, due righe in merito.
“Cappellani militari abili, arruolati e ben pagati. Ovviamente dallo Stato. Il Consiglio dei ministri, nella riunione dell’8 febbraio, ha infatti approvato lo «schema di Intesa tra la Repubblica italiana e la Santa sede sull’assistenza spirituale alle Forze armate».
È il risultato dei lavori, iniziati nel 2015, della Commissione bilaterale Italia-Santa sede che avrebbe dovuto presentare una proposta di riforma dell’intero sistema dei preti-soldato. Si era addirittura ventilata l’ipotesi, dopo alcune dichiarazioni a mezzo stampa dei vertici dell’Ordinariato militare (l’arcivescovo castrense, mons. Marcianò, e il suo vicario, mons. Frigerio), di una possibile smilitarizzazione dei cappellani militari che, essendo inquadrati nella gerarchia delle Forze armate, hanno i gradi e un lauto stipendio statale, soprattutto gli ufficiali.
Come invece ampiamente prevedibile – le gerarchie ecclesiastiche hanno sempre affermato di non voler rinunciare né alle stellette né al denaro pubblico – tutto resta come prima. Quelle dei più alti in grado della gerarchia clerical-militare erano parole al vento, o fumo negli occhi.
Unica buona notizia sembra la riduzione del numero dei cappellani: dagli attuali 204 a 162. Ma non è detto che nel lungo iter che l’Intesa dovrà percorrere (Santa sede, Chiesa italiana, Parlamento) non rientrino dalla finestra, come cappellani fuori ruolo.
In ogni caso per il 2018 e il 2019 vale quanto già stabilito dalla legge di bilancio per il triennio 2017-2019: lo Stato spenderà poco meno di dieci milioni di euro l’anno per il mantenimento dei preti sodato. I quali, in base alle tabelle ministeriali, vengono retribuiti come i loro pari grado in mimetica: 126mila euro lordi annui per l’ordinario militare (assimilato ad un generale di corpo d’armata); 104mila per il vicario generale (generale di divisione); 58mila per il primo cappellano capo (maggiore); 48mila per il cappellano (capitano); 43mila per il cappellano addetto (tenente).
«Per risparmiare sarebbe stato sufficiente equiparare i cappellani militari a quelli della Polizia di Stato, che percepiscono uno stipendio medio di 1.350 euro al mese»Invece di abolirlo il sistema viene svecchiato e riproposto e consolidato» altro che spending review.
Terzo taglio Rappresentanza Militare (piccolo escursus)
È notizia di pubblico dominio che pochi giorni or sono il Ministro della Difesa abbia firmato l’atto con il quale è stato riconosciuto il primo sindacato militare (o meglio, la prima “associazione a carattere sindacale militare”) in Italia. Di qui a poco, l’esempio dell’Arma dei Carabinieri sarà seguito da altri.
Si tratta evidentemente – comunque la si pensi – di un momento storico per il nostro ordinamento. Una parte del mondo militare, alcune realtà associative (si pensi, ad esempio, ad As.so.di.pro., associazione solidarietà diritto e progresso, da sempre in prima fila sul tema) ed una frangia dello stesso panorama politico (almeno inizialmente, soprattutto il partito Radicale) hanno guardato con diffidenza ad una rappresentanza istituzionalizzata e ritagliata nella cornice gerarchica, come quella appena descritta. Nessuna autonomia, nessuna libertà, si è sempre detto.
Oggi per fortuna siamo quasi alla fine di un percorso storico e finalmente un quadro normativo sia pur da definicre c’è con buona pace delle alte sfere che in questo caso i 6/7 milioni di euro annui di spesa non li ha considerati (per 20 anni sono quasi 120 ML mica pochi) .
Egregio Ministro, questi spicciolini, più o meno 50 Mil di euro annui, potrebbero essere utili in ben altre occorrenze, se non altro per il risarcimento delle vittime del dovere. dei colleghi malati di uranio, amianto, oppure in soccorso ai familiari dei militari suicidati. Esistono davvero mille modi per un utilizzo razionale, al passo con i tempi e moralmente superiore.
La Redazione
Per il SILMA
